Università e valore della laurea: i dati Ocse preoccupanti per l’Italia

L’Italia dal punto di vista dell’istruzione continua purtroppo a confermare di essera indietro rispetto agli altri stati membri dell’Unione Europea. I dati relativi alla scuola di ogni ordine e grado nel nostro paese dimostrano infatti che regna ancora la povertà educativa, alte percentuali di abbandono scolastico e una bassa formazione post-diploma. Nel 2021 solo il 20% delle persone tra i 25 e i 64 anni in Italia risulta in possesso di una laurea, percentuale che fa scivolare il bel paese in penultima posizione in Europa. A comunicarlo sono gli ultimi dati pubblicati dall’OCSE nel rapporto “Education at Glance”, nel quale emerge anche che il 37% dei giovani in Italia non possiede neanche un titolo secondario, ossia il diploma.

Le fasce d’età più giovani puntano sull’istruzione

Uno dei pochi dati incoraggianti riguarda le fascia d’età più giovane, ossia quella compresa tra i 25 e i 34 anni, nella quale la quota di persone iscritte all’università è cresciuta notevolmente negli ultimi 10 anni, anche se a ritmo molto più lento rispetto ad altre nazioni. L’Italia è partita dal 10% nel 2000 per arrivare al 28% nel 2020. Nelle altre nazioni europee, quali Spagna, Francia e Regno Unito, siamo però a quasi metà dei giovani in possesso di un titolo di studio di terzo livello. 

Laurearsi conviene, ma dipende dalle facoltà

La laurea ha comunque un valore importante perché permette di inserirsi in maniera più semplice nel mondo del lavoro e anche di avere delle carriere importanti. Secondo i dati infatti, un laureato in media ha un tasso di occupazione di 6 punti percentuali più alto rispetto alle persone con diploma e del 20% superiore rispetto a chi possiede la terza media.  In Europa però il dato è diverso: 8% rispetto a chi possiede il diploma e addirittura 26% rispetto a chi ha conseguito il titolo obbligatorio. Analizzando la situazione stipendi la cosa non cambia. Nell’area OCSE, i laureati tra 25 e 64 anni guadagnano il doppio rispetto alle persone con livello di studio inferiore a quello secondario superiore. In Italia invece i lavoratori laureati guadagnano il 76% in più rispetto a chi ha un titolo inferiore a quello secondario, ma visto il basso numero di persone in possesso del titolo terziario, questo divario è non attendibile perché i numeri sono troppo diversi.

In più, l’inserimento lavorativo è maggiormente garantito in base al corso di laurea. Una laurea in medicina, un titolo accademico in informatica e la formazione che offre ingegneria gestionale, sono sicuramente più quotate rispetto ad altre lauree. Secondo i dati forniti da Almalaurea infatti chi opera nella sanità e chi si laurea in ingegneria ha una percentuale di inserimento lavorativo che già ad un anno dal titolo raggiunge oltre il 90%. Numeri che per altre facoltà scendono di diversi punti percentuali.

È quindi sicuramente chiaro che conviene laurearsi, ma le motivazioni sopra elencate non sono così determinanti, considerando che per arrivare alla laurea è necessario investire tempo e denaro e spesso anche trasferirsi in città molto più grandi e costose. Si può in alternativa seguire un corso di laurea telematico, iscrivendosi alle università online come Unicusano, ma bisogna comunque tener conto dell’impegno necessario ed è importante valutare bene la facoltà a cui si desidera iscriversi.

Conviene infatti puntare a titoli strategici che sono in linea con la richiesta del mercato. In Italia ad esempio, nonostante il bisogno di competenze in ambito digitale e ICT, il numero di matricole in queste discipline rappresenta il 2% contro una media OCSE del 6%. E pensare che l’88% di chi ha conseguito una laurea in tecnologie dell’informazione e della comunicazione ha un lavoro. Per migliorare la situazione sarebbe molto utile investire nell’orientamento. 

Crescono i laureati, ma c’è molta dispersione scolastica

Come abbiamo visto la percentuale di giovani laureati è cresciuta di 10 punti percentuali in 10 anni, ma questo non basta per tenersi al passo con l’Europa, anche perché è ancora alto il numero di persone che abbandona nei primi tre anni di studio. Secondo l’OCSE è oltre il 30%.
 

Differenze tra lauree triennali e magistrali

Un altro dato preoccupante sottolineato dall’OCSE è la distribuzione dei titoli. In Italia il 14% della popolazione tra i 25 e i 64 anni ha una laurea magistrale e il 5% una triennale. In Europa invece la media è del 19% per le triennali e del 14% per le magistrali. In più, solo il 53% degli iscritti ad un corso di laurea triennale arriva al conseguimento del titolo entro i 3 anni stabiliti, contro una media europea del 68%.

 

Differenze tra laureate e laureati

Nelle università italiane il 60% delle donne è laureata e consegue una media di voto di 103,9 rispetto al 102,1 degli uomini. Eppure, secondo la ricerca Almalaurea, sono pagate di meno. Le donne infatti hanno in media uno stipendio inferiore del 20% in meno rispetto agli uomini e vengono assunti con contratti più instabili. Non c’è nel nostro paese una cultura inclusiva e il gender gap sugli stipendi è ancora molto evidente. Questo è un ulteriore fattore demotivante, perché le donne sono costrette a fare molti più sacrifici e a non vederli sempre ripagati e preferiscono quindi tirarsi indietro e accontentarsi di altre mansioni.